
Un popolo, nel suo complesso, consapevolmente o meno può, anzi dovrebbe sacrificare energie, risorse, privilegi, per un fine che tenda a generare una condizione, riferita all’intera popolazione, e che restituisca speranze e qualità della vita migliori.
Invece, quel popolo di un Paese dotato di straordinarie risorse di ogni genere, da quelle umane a quelle del suo territorio, i sacrifici li ha dedicati a generare contrapposizioni, distorsioni del diritto, mortificazioni dell’uomo, vantaggi per alcuni a scapito di altri, in un sistema che si alimenta delle peggiori pratiche, che costringe al compromesso, che diviene vittima e carnefice di se stesso.
Così, il governo di questa società, affidato a un sistema apparentemente democratico, ma fondato sulla contrapposizione sempre più violenta di parti che rappresentano, alternativamente, ora il bene ora il male, è arrivato ad essere appannaggio dei soggetti più mediocri, incapaci, inefficienti che pensano e operano nel totale spregio dell’etica e dei valori per cui ci si batteva in tempi ormai lontani. Il mondo politico, infatti, si alterna al governo grazie alle promesse, puntualmente disattese, che fanno presa sul popolo, ormai incuranti, tutti, dell’affermazione di principi, ideologie, buone pratiche. Basta promettere per ottenere il consenso, non serve più operare e costruire, necessita ricercare, costringere, costruire degrado, così da usarlo come ricatto e denuncia, ora contro l’uno, ora contro l’altro.
Abbiamo continuato, e continuiamo ancora, a credere che le debolezze degli altri costituiscano la nostra forza e abbiamo, quindi, consolidato una vera e propria vocazione all’autodistruzione, accanendoci contro ciò e contro chi, in virtù del momento, ci sembra contrario all’interesse sollevato dalle promesse. Il risultato è disastroso e ha generato un degrado delle coscienze, tale, da poter essere considerato il più grave danno che la nostra società abbia subìto in questi anni. Gli effetti sono evidenti a tutti quelli che, per un momento, hanno il buon senso di riflettere senza pregiudizi e scevri dalla rabbia generata dai propri interessi, a quelli che vogliono abbandonare, anche solo per un attimo, l’incoerente indignazione sociale nei confronti di fatti e ipotesi di comportamenti discutibili in condizioni di normalità, l’individualità e l’egoismo, l’ignoranza diffusa, il riemergere di razzismi, di aggressività e incapacità al dialogo senza l’uso di insulti, l’assenza di analisi critica e serena. L’italiano dimentica facilmente un assassinio, una strage, un episodio di violenza, oggi tramutati in spettacolo, ma non perdona un professionista, un commerciante o un imprenditore, che è dovuto sottostare a vere e proprie estorsioni, alcune delle quali non giudicate, perché non catalogate in un sistema mafioso "riconosciuto"! Non li perdona, neanche quando egli stesso ricorre alla raccomandazione anche solo per farsi fare uno sconto, richiesto solo laddove la sua rete di relazioni ha radici.
E’ più ricorrente indignarsi quando qualcun altro, nell’inopportuno tentativo di difendere ciò che credeva essere nel proprio diritto, soggiace alle richieste più bieche, per non sopportare potenziali danni di gravità superiore. Non costituisce, invece, indignazione, ma rileva, invece, come elemento di "furbizia" giustificata dal comune senso dell’assurdo "ostacolo", chi diffusamente utilizza la propria posizione (solitamente nella Pubblica Amministrazione) per imporre il proprio piccolo, insulso e insignificante potere.
"Il sistema siamo noi e ciascun cittadino contribuisce a costruirlo o a scardinarlo".
Questo è il Paese in cui chi viene a rubare a casa tua, pur senè colto in flagrante con prova schiacciante, è rilasciato dopo poche ore, è il Paese in cui si comunica che le porte sono aperte per chi vuole approfittarne, cosicché altri episodi di medesimo tenore si ripetono giorno dopo giorno, sino a generare una vera azione depredatoria contro chi ha la colpa di aver costruitone generato sviluppo e lavoro per molti anni.
Questo è il Paese in cui gruppi d’interesse particolare si nascondono dietro l’enunciazione di princìpi per la sedicente tutela della categoria, ma sanzionano chi gli è scomodo, trincerandosi sul presupposto di un’apparente legalità.
La corruzione è un male endemico, gravissimo. Non appare solo quando gli interessi in gioco sono rilevanti, come accade negli appalti dei lavori pubblici. L’illecito corruttivo è ben più diffuso e pervade, come un infestante velenoso, tutti i settori della vita sociale.Si considera "normale" che un amico impiegato ti eviti la coda nell’ufficio in cui lavora. Il che può apparire irrilevante in un Paese che conta in assoluto più raccomandati e raccomandanti dell’intero globo!
nSi potrebbero aggiungere molti altri casi di sistematica illegalità: quello, per esempio di un vigile urbano che consuma al bar senza pagare, perché consente deroghe silenti, magari per autorizzazioni dovute, ma opportunamente denegate o ritardate senza un minimo criterio di validazione; quello di un professore che rivela al collega le domande d’esame che farà al figlio...; o quello di un magistrato che in pochi giorni ottiene il permesso di ristrutturare il proprio appartamento nel centro storico, pur senza pagarentangenti...; o...., o.... , così via gli esempi diverrebero innumerevoli.Grazie alle distorsioni di un sistema di sottosviluppo, se nessuno accettasse di pagare tangenti e denunciasse chi gliele chiede, forse, nessuno le chiederebbe, ma sarebbe contemporaneamente costretto a sottostare ai "capricci delatori" (comportamenti estorsivi) di chi ha, invece, il dovere di adempiere nei tempi previsti e secondo regole che riguardano tutti, e non lo fa.
E’ così che, in ogni caso, chi interloquisce con soggetti infimi (purtroppo sono tantissimi) è apparentemente perdente, salvo nei casi inncui abbia una forza di resistenza oltre i limiti della normalità. A poco a poco, il SISTEMA cittadino-istituzioni potrebbe disinquinarsi, consentendo a un’enorme quantità di risorse di generare un vivere civile e garbato o di garantire, per esempio, giustizia più equa o servizi essenziali per i singoli cittadini: invece resta carnefice dei matti che perseguono la volontà di fare, nonostante tutto.
Quali sono le possibilità che tutto ciò possa rientrare nella logica dell’accettazione collettiva, senza che le "vittime" debbano sentirsi stupidi, se non complici? Ogni forma di corruzione o di comportamento in contrasto con l’etica pubblica, spesso giustificati dall’esigenza di individuare scorciatoie per neutralizzare gli ostacoli di una burocrazia estenuante e dannosa, dovranno essere rigettate dalla società, contrastate da ogni singolo cittadino e non esclusivamente affidate alle indagini della magistratura, dovranno necessariamente rientrare in una logica educativa e culturale. Ma è necessario azzerare i conflitti sociali, analizzare la coscienza collettiva, semplificare ed eliminare le fonti di questa schiavitù psicologica, fare ammenda dissociandosi dai giudizi di massa, nella consapevolezza di essere tutti responsabili, di essere tutti schiavi del potere e complici del degrado.